Le molte vite del Napoleon vu par Abel Gance (1927) – una riscoperta lunga 60 anni e il nuovo restauro 2K. [Work in Progress]

Stanley Kubrick su Napoleon di Abel Gance: “Ho cercato di vedere tutti i film che sono stati fatti sull’argomento e devo dire che non mi hanno impressionato più di tanto. Di recente ho visto il film di Abel Gance, che nel corso degli anni s’è acquistato una certa reputazione fra i cinefili, e l’ho trovato veramente tremendo. Tecnicamente era all’avanguardia per i tempi e introdusse nuove tecniche filmiche piene d’inventiva, e difatti Ejzenstejn ammise che fu Gance a stimolargli per primo l’interesse per il montaggio. […]”

PARTE 1 – Un riassunto dell’epopea del Napoléon di Gance

Partiamo da un dilemma che ogni amante del cinema si sarà posto: avete mai visto un film, che ritenete essere sottovalutato e secondo voi dovrebbe essere visto da tutti? Avete mai avuto il desiderio della pubblicazione o proiezione di un film considerato introvabile?

La storia del cinema internazionale non è composta solo da grandi produzioni o capolavori più o meno fruibili da tutti gli spettatori, ma anche di pellicole che possono avere la sfortuna di cadere in complicate questioni legali o semplicemente “temporali” (come ad esempio i cosiddetti “Orphan Film”). Parliamo in particolare di capolavori nascosti per decenni o semplicemente non compresi dallo stesso pubblico dell’epoca – ad esempio una parte del cinema Horror degli albori e l’incomparabile cinema muto, che solo grazie a molti festival come ad esempio il friulano Le Giornate del Cinema Muto si sta riscoprendo appieno. Questi film, oltre ad attendere decenni per essere riscoperti, capitano anche essere contrassegnati nelle liste dai loro pochi fan che hanno avuto il grande onore di ammirarli, in attesa di una loro distribuzione in Home-Video. Forse uno degli esempi più eclatanti è appunto il film Napoléon (1927) del regista Francese Abel Gance, di cui solo adesso – dopo decenni di attesa – è stata ufficializzata la “definitiva” uscita in DVD e BluRay.

Ma partiamo dal principio e spieghiamo che cosa è esattamente Napoleon, o per essere precisi Napoléon vu par Abel Gance – il titolo della presentato la serata del 7 aprile 1927 all’Opèra di Parigi. Questo film leggendario, girato in Francia dal gennaio del 1925 – in una delle produzioni più turbolente e travagliate della cinematografia francese – e finalmente terminato nel marzo 1927, dove venne presentato con tanta attesa presso L’Opéra di Parigi in un galà speciale che prevedeva un accompagnamento musicale del film – oggi purtroppo incompleto – composto per l’occasione da Arthur Honegger, assieme ad una successiva versione integrale proiettata presso il Théatre Apollo – chiamata “version definitive” – dalla titanica durata di 9 ore e mezza. Entrambe le proiezioni furono un successo clamoroso, addirittura dovettero aggiungere più spettacoli per accogliere l’enorme afflusso di spettatori delle successive proiezioni.

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Riassumere le ore del film sono un’impresa, limitiamoci a dire che narrano le storiche gesta di Napoleone Bonaparte durante la prima parte della sua carriera, procedendo dall’accademia militare di Brienne-le-Château per arrivare al culmine della traversata della Alpi italiane durante la Campagna d’Italia nel 1796-97. Il tutto legato assieme a scorci della Rivoluzione Francese e del periodo Regime del Terrore.

Perché il film è considerato un capolavoro della storia del cinema? Le ragioni sono tantissime e delle più varie. In poche parole siamo di fronte ad uno dei capolavori del Movimento Impressionista Francese, fondamentale nella storia del Cinema perché i propri registi esploravano e sperimentavano le possibilità del cinema come vera e propria forma d’arte. Innumerevoli innovazioni presenti nel film: Gance era autore oltre che regista e le caratteristiche principali della sua filmografia erano l’uso di un montaggio rapido e accelerato – spesso anche più ritmico a seconda della messa in scena – come se fosse “la musica della luce”. Assieme all’impiego di tecniche di colorazione della pellicola – ricordiamo che il colore esisteva all’epoca ma era ancora in una fase sperimentale – tutto applicato alla scelta di girare alcune scene con delle pesantissime macchine da presa a mano. Avete presente quando si gira un film con la cinepresa a mano? Ecco, Napoleon è uno dei primissimi nella storia del cinema ad utilizzare la cinepresa mobile, per questo è il nonno delle contemporanee steadycam usate in quasi tutti i film oggi girati, come ad esempio negli ultimi due film del messicano Alejandro González Iñárritu Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza)(2014) e The Revenant – Redivivo (2016).

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Le innovazioni del film non finiscono qui, perché non dobbiamo dimenticare quella che è considerata la più importante di tutte le tecniche sperimentate: l’uso dello schermo panoramico con la contemporanea proiezione di tre schermi uno accanto all’altro, in modo da formale un simbolico trittico. Questa tecnica, chiamata Polyvision – il nome in realtà venne dato solo negli anni ’40 – venne in seguito presa come ispirazione del più conosciuto Cinerama, una delle tecniche più complesse e apprezzate nella storia del cinema che erano caratterizzate dal fatto che non comprendevano l’uso di lenti anamorfiche, a differenza della tecnica utilizzata da Quentin Tarantino, nel suo recente capolavoro The Hateful Eight, dell’Ultra Panavision 70 che utilizza pellicola 70mm con delle lenti anamorfiche.

Di Napoleon non esistono solo due versioni, ma addirittura 21, spesso curate dallo stesso regista, comprese tre versioni sonorizzate negli anni trenta con dialoghi, sequenze girate per l‘occasione e doppiaggi delle sequenze mute da parte degli stessi attori, di cui l’ultima venne distribuita nel 1970 con titolo Bonaparte et la Révolution – di cui parleremo più avanti.

Avete presente i 7 montaggi esistenti del film di Ridley Scott, Blade Runner (1982)? In questo caso la faccenda sembra più complessa, anche perché nonostante l’impossibilità per i cinema del 1927/28 di proiettarlo sul triplice schermo provocarono l’imprevista diffusione di numerose versioni variamente mutilate, in particolare la distribuzione negli Stati Uniti che accorciò il film a soli 72 minuti, eliminando tutte le invenzioni tecniche contenute, provocando un autentico disastro di critica e di incassi. Questo evento pregiudicò il piano originale di Gance, che originariamente intendeva dirigere 6 film legati alla figura di Napoleone; progetto che non fu mai portato a termine, nonostante Gance abbia poi girato altre pellicole sulla vita di Napoleone nel resto della sua lunghissima carriera cinematografica.

Il film venne originariamente prodotto dalla casa di produzione La Société Générale des Films, fondata attorno il 1923 – sulle rovine della Ciné-France e capitanata da Jacques Grinieff. Il suo sogno era quello di creare una società prestigiosa in grado di finanziare film francesi unici. Grinieff riunì Charles Pathé e Leon Gaumont con importanti rappresentanti della nobiltà francese, tra cui il Conte d’Ayen, che presiedeva il consiglio di amministrazione della compagnia. Questa casa di produzione ha dato ai suoi registi un budget apparentemente illimitato e il controllo totale di tutti gli aspetti della loro produzione. Purtroppo questa casa di produzione ebbe vita breve: questa scelta di produzione fu la causa principale della rovina finanziaria per l’azienda e contribuì alla produzione di soli 4 film – se contiamo il finanziamento dei film L’Équipage (1928) di Maurice Tourneur e il documentario Finis Terræ (1929) di Jean Epstein di cui 2 dei film più costosi del decennio del cinema muto francese: Napoléon vu par Abel Gance (1927) e La Passion de Jeanne d’Arc (1928) di Carl Theodor Dreyer con Renée Jeanne Falconetti.

Il film è stato sottoposto ad uno dei più lunghi lavori di restauro e di riscoperta nella storia del cinema, il tutto attraverso l’inestimabile lavoro di ricerca durato ben cinquant’anni da parte del premio Oscar Kevin Brownlow, che cominciò a 18 anni nel 1956 a partire da due copie esistenti su un dimenticato mini-formato chiamato Pathé-Baby largo 9.5mm, un tipo di pellicola che nella sua soria fu spesso utilizzato come formato per proiezioni in luoghi o in circoli privati, ed in questo formato vennero ristampati numerosi film famosi in versioni accorciate per permettere un costo minore nella vendita (spesso le pellicole venivano vendute non per il contenuto, ma per la stessa durata).

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Brownlow durante il suo lavoro realizzò tre restauri del film, perché successivamente trovò o scene non presenti nei restauri precedenti o copie con maggiore qualità dell’immagine. Il primo è del 1980 e venne presentato in due versioni: quella integrale di quasi 5 ore presentata per la prima volta al Telluride Film Festival in presenza del novantenne Gance – assieme ad una colonna sonora orchestrale composta da Carl Davis – e una versione ridotta a “sole” 4 ore curata dal regista Francis Ford Coppola – oggi denominata “Coppola Version” che contiene una nuova colonna sonora composta dal padre Carmine Coppola. In seguito Brownlow realizzò un secondo restauro nel 1983 ed un terzo e definitivo presentato nel 2000, in collaborazione del British Film Institute, della durata aggiornata di 5 ore e 32 minuti – entrambe le volte con la colonna sonora allungata di Davis.

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Il film purtroppo cadde nel corso degli anni in una complicata disputa legale sui diritti di proiezione del film, che legalmente possono essere messo diffuso solo nella versione di Coppola in tutto il mondo, tranne in Francia e UK dove viene preferito il restauro di Brownlow. Infatti le occasioni di ammirare questo restauro del film in sala sono molto rare; per esempio sono passati trent’anni dall’ultima proiezione del film negli Stati Uniti – avvenuta nel 2012 presso il Paramount Theatre di Oakland – e negli ultimi sei anni solo in Inghilterra il film è stato proiettato solo quattro volte.

Ma l’odissea legata a questo film non finisce qui: dal 2014 è in corso d’opera un nuovo lavoro di restauro del film, partito dopo anni di ricerche presso la Cinémathèque Française con il ritrovamento di preziosi documenti e materiali di alta qualità del film, questa volta sotto la supervisione di Francis Ford Coppola, al fine di ricostruire la “version definitive” di 9 ore. Questo nuovo restauro verrà concluso il tempo del novantesimo anniversario dell’uscita del film nel 2017, permettendo inoltre di avere la primissima digitalizzazione in alta definizione del film, a differenza del precedente che venne stato proiettato in sala solo in pellicola.

Straordinariamente il 28 gennaio 2016, presso il sito del quotidiano web The Guardian e successivamente confermato dal British Film Institute rivelano una notizia inaspettata: il restauro del 2000 verrà non solo digitalizzato, ma anche ridistribuito sia in sala nel novembre 2016 – con la sua premiére presso il Royal Festival Hall a Londra – e per la prima volta in home-video, sia in DVD che in BluRay. Ancora si attendono nuovi sviluppi e conferme sui dettagli ma speriamo che questa battaglia legale troverà nel prossimo futuro la sua fine con la definitiva pubblicazione del film, finora circolato in copie di bassa qualità e mai di facile consultazione. Per più informazioni vi possiamo consigliare di consultare il sito del BFI (clicca qui per il link) che presto pubblicherà tutte le novità dedicate a questo lunghissimo lavoro di riscoperta del film.

Certo Napoleon Vu Par ha i suoi limiti a livello narrativo, come non indugiò a sottolineare Stanley Kubrick. Dopo aver visto il film, durante il tentativo di produzione di un lungometraggio dedicato alla figura di Napoleone negli anni Settanta (rimasto irrealizzato), Kubrick dichiarò: “Ho cercato di vedere tutti i film che sono stati fatti sull’argomento e devo dire che non mi hanno impressionato più di tanto. Di recente ho visto il film di Abel Gance, che nel corso degli anni s’è acquistato una certa reputazione fra i cinefili, e l’ho trovato veramente tremendo. Tecnicamente era all’avanguardia per i tempi e introdusse nuove tecniche filmiche piene d’inventiva, e difatti Ėjzenštejn ammise che fu Gance a stimolargli per primo l’interesse per il montaggio. Ma per quel che riguarda il trattamento della storia e dei personaggi è un film molto rozzo”.

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Kevin Brownlow: Tutti parlano del montaggio russo per esempio per La corazzata Potemkin, ma Gance faceva le stesse cose in La rue che uscì nel 1922, quando il cinema sovietico era appena iniziato. E, tra l’altro, lui stesso mi disse che Ejzenstejn e Pudovkin erano andati a Parigi a cercarlo e lo ringraziarono per aver insegnato loro l’arte del cinema. Nonostante questo, però, l’importanza di Gance non fu mai abbastanza riconosciuta. Nel 1954, quando lo incontrai per la prima volta, non lavorava da dodici anni, e penso che sia una cosa incredibile, un oltraggio nei suoi confronti. Anzi, c’è un episodio che mi è stato raccontato: ci fu una mostra di film nel 1966 cui prestai l’immagine del trittico finale del Napoléon che ingrandirono per mostrarlo. Poi questo trittico ingrandito passò al National Film Archive dove, una volta, il curatore di allora, passandoci davanti con un gruppo di visitatori disse: “Ah sì, è Nascita di una nazione”.

Sarebbe stato davvero interessante vedere sullo schermo l’epopea di Napoleone filtrata dall’acume di Kubrick, ma vale decisamente la pena una visione immersiva nel titanico trittico di Gance, che un’altra personalità capitale del Cinema come Charlie Chaplin definì “Una tempesta di immagini”. 

Finalmente al cinema.


PARTE 2 – Cosa aspettarsi da questo nuovo restauro?

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Da un’intervista di Kevin Brownlow del 2010

Anche il tuo lavoro sul restauro del Napoléon è stata un’impresa titanica. Ora l’ultima ricostruzione che hai fatto per il BFI è quella definitiva?

Kevin Brownlow: No, ci sarà una nuova versione che sta per arrivare [Appunto quella BFI del 2016 in corso d’opera]. Sessant’anni fa vidi le prime due bobine. Stacco, e sessant’anni più tardi la Cinémathèque Française ha deciso di restaurarlo, il che è esaltante perché ci spenderanno 600.000 euro provando che il film è ancora meglio di quello che credevo che fosse dopo che Coppola ne aveva finanziato il restauro [ride]. Sessant’anni fa avevo un film in pellicola di un regista francese molto amato dagli intellettuali francesi, Jean Epstein, Le Lion des Mogols (1924). La versione che avevo era orribile tanto che chiamai la cineteca dalla quale l’avevo presa e chiesi se potevo scambiarla con un’altra versione. Mi dissero che era esaurita e che l’unica cosa che potevano darmi era Napoleon Bonaparte and the French Revolution. Pensavo che fosse una pellicola per la scuola con spiegazioni e dipinti ecc., probabilmente molto noiosa. Ma mi dissero che non avevano altro, dunque gli rimandai il film di Epstein e in cambio mi spedirono questa cosa che era su due bobine. Quando arrivò il film e lo vidi coi miei genitori con un proiettore che avevamo messo in casa, era sbalorditivo. Era il cinema come non lo avevo mai visto e come avevo sempre sperato che fosse. La m.d.p. era usata in una maniera così creativa e il montaggio era notevole, stupendo. E incredibilmente autentico. Scoprii che in Inghilterra il film era costituito da cinque bobine per una durata totale di circa un’ora e mezza, ma che in Francia erano di più. Iniziai a collezionarle e mi accorsi che, crescendo in durata, il film migliorava. Poi qualche anno dopo – ero già nell’industria cinematografica – il National Film Theatre [L’odierno BFI] acquistò quella che dicevano essere la versione completa. Ma era tutto nell’ordine sbagliato, alcuni elementi di importanza vitale mancavano, quindi decisi a quel punto che in qualche modo avrebbe dovuto essere restaurato. Poi la Cinémathèque mandò una versione decente, anzi addirittura buona, che aveva comunque ancora molti problemi e molte parti mancanti, ma era una stampa originale tinta ed era splendida. Mi fu chiesto di ripararla per essere proiettata e passai giorni con nastri e pezzi tagliati cercando di aggiustarla. Poi pensai che sarebbe stata rimandata indietro e che alla fine sarebbe stata fatta di nuovo a pezzi, quindi feci un profondo respiro, la portai a un laboratorio e ne feci fare una copia. Qualcun altro aveva fatto stampare un trittico – lo schermo triplo – per il finale, quindi ora avevamo una porzione abbastanza abbondante del film, ma c’era ancora così tanto che mancava. Andai a trovare Gance, che avevo conosciuto a Parigi, e lui mi disse cosa bisognava metterci e cosa andare a chiedere alla Cinémathèque. Curiosamente, una volta là, la vecchia signora con cui ebbi a che fare era la sorella di Jean Epstein, ma non le dissi come ero arrivato a conoscere il film [ride]. Lei mi raccontò che Abel Gance aveva detto di aver girato un film sulla realizzazione del Napoléon . A quei tempi nessuno faceva film sui film, era una rivelazione alla quale facevo fatica a credere e pensavo che fosse impazzita. Comunque Marie Epstein mi portò una pellicola in una latta arrugginita e quando lei uscì la proiettò e c’era davvero la troupe che girava il film e, non solo, c’era anche un’altra bobina grande così. Nella loro Histoire du cinéma Bardèche e Brasillach dicevano che il momento migliore del film Napoléon era la parte della battaglia di palle di neve con il suo montaggio rapido, che era un capolavoro. Era una scena che non avevo mai visto. Quando Marie Epstein ritornò e scoprì che avevo curiosato nelle scatole, sul momento si arrabbiò, ma poi montò la pellicola alla moviola per mostrarmela e finalmente vidi quella scena: quello fu il momento della più grande scoperta della mia vita. Mi sentivo come quel tizio che scoprì il quaderno di disegni di Leonardo da Vinci in una biblioteca spagnola. C’era un montaggio assolutamente incredibile e mi convinsi che avrei dovuto restaurare il film. In qualche modo riuscii a fare una copia di questa pellicola, poi il direttore della FIAF – la federazione degli archivi del cinema – Jacques Ledoux si prese la responsabilità di comunicare a tutti gli archivi della federazione di mandare a me, presso il BFI, tutto quello che avevano del Napoléon. Iniziò ad arrivare roba dalla Cecoslovacchia, dal Sudamerica, e quasi sempre era materiale extra che non avevo mai visto. Alla fine avevo quattro ore e cinquanta, che pensavo fosse il massimo che si poteva ottenere, ma da allora è spuntato altro materiale e ora i francesi dicono di avere quattro nuove scatole. Sarà esaltante vedere magari alcune sequenze straordinarie descritte nello script, tra le quali l’esecuzione degli ostaggi a Tolone, dove i proiettili del plotone di esecuzione sono evocati dalla macchina da presa col montaggio. Deve essere una sequenza incredibile.

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Le 21 versioni del Napolèon

Come ci comunica lo stesso Kevin, esiste un vastissimo materiale a disposizione su questo film, tanto che sarebbe possibile non solo tentare un restauro filologico come quello realizzato nel 1980, ma anche di poter ricostruire (o almeno tentare) le due versioni del film uscite nel 1927. Ma partiamo con ordine.Ripetiamo che del film non esistono solo due versioni, ma in totale ben 21 versioni, spesso curate dallo stesso Gance, comprese una versione sonorizzata negli anni trenta e l’ultima venne distribuita nel 1970 con titolo Bonaparte et la Révolution – una versione a tratti ridicola perchè lo stesso Gance ormai ottantenne, girò delle sequenze da montare con quelle girate più di quarant’anni prima, nei panni del personaggio storico Saint-Just che storicamente morì a 26 anni.

Vi facciamo l’elenco integrale delle versioni, aspettatevi un lungo elenco qui sotto (in grassetto vi sono le più importanti):

  1. Versione proiettata per la prima volta il 7 aprile 1927 all’Opéra di Parigi. 35 mm. imbibito e virato; con trittici; musica di Arthur Honegger; lunghezza: 5.400 m.
  2. Version Définitive (ma senza trittici) proiettata all’Apollo in due parti e per sole due volte (8-9 maggio per distributori ed esercenti e 11-12 maggio 1927 per la stampa). 35 mm. imbibito e virato; senza trittici; lunghezza: 12.800 m.
  3. Versione tedesca proiettata per la prima volta l’11 ottobre 1927 e distribuita dall’Ufa nell’Europa centrale. 35 mm imbibito e virato; con trittico; musica di Werner Heymann; durata: inferiore alle 3 ore.
  4. Versione del novembre 1927. Si tratta della versione dell’Opéra rimaneggiata dallo stesso Gance. Distribuita dalla Gaumont-Metro-Goldwyn e proiettabile in due parti: la prima comprende le parti ambientate a Brienne, Tolone e l’entrata in Italia (compreso il trittico); la seconda parte da proiettare la sera comprende la restante parte della versione dell’Opéra preceduta dalla riproposizione del trittico dell’entrata in Italia, 35 mm. imbibito e virato. Durata: 4 ore e 10 min.
  5. Versione distribuita nella provincia francese nell’inverno 19271928. In effetti non si tratta di una sola versione poiché circolarono sia la versione dell’Opéra che quella definitiva, con e senza trittici ed in alcuni casi gli esercenti ridussero discrezionalmente la durata della versione lunga tagliandone alcune parti.
  6. Versione definitiva spedita negli Stati Uniti la cui lunghezza venne ridotta a 29 rulli.
  7. Versione del Gaumont-Palace del marzo-aprile 1928. Si tratta di una nuova versione non montata da Gance e proiettata in due parti (la prima il 23-29 marzo e la seconda il 6-12 aprile. 35 mm. in bianco e nero; durata complessiva verosimilmente di circa 3 ore).
  8. Versione inglese distribuita da Jury-Metr-Goldwyn e proiettata la prima volta il 28 giugno 1928, 35 mm. imbibito e virato; con trittico; lunghezza: 3.500 m.
  9. Versione americana del gennaio 1929 distribuita dalla Metro-Goldwyn-Mayer. 35 mm. in bianco e nero; senza trittico; lunghezza: solo 8 rulli!
  10. Versione Pathé-Rural con didascalie in francese/inglese. 17,5 mm. imbibito e virato; senza trittico; lunghezza: 17 rulli.
  11. Versione Pathé-Baby del 1928 con didascalie a tache d’arresto in francese. 9,5 mm. in bianco e nero; senza trittico; lunghezza: 9 rulli.
  12. Versione Pathescope con didascalie a tache d’arresto in inglese. 9,5 mm. in bianco e nero; senza trittico; lunghezza 6 rulli.
  13. Napoléon Bonaparte vu et entendu par Abel Gance (1935), 35 mm. in bianco e nero; senza trittico; sonoro; musica di Henri Verdun; lunghezza: 13 rulli (poi ridotti a 10).
  14. Versione del Film-Office. 16 mm. – 9,5 mm. – 8 mm. in bianco e nero; didascalie stampate sopra le immagini; senza trittico; lunghezza: riduzione a 5 rulli della versione sonora del 1935.
  15. Versione dello Studio 28. 35 mm. in bianco e nero; con trittico; sonoro. Si tratta della versione del 1935 con aggiunta del trittico sincronizzato.
  16. Bonaparte et la Révolution (1970). Rielaborazione dello stesso Gance della versione muta e di quella sonora del 1935 con riprese aggiunte. 35 mm. in bianco e nero; senza trittico; sonoro; durata: 4 ore e 45 minuti poi ridotta a 4 ore (24 fotogrammi per secondo).
  17. Prima ricostruzione del Napoléon muto effettuata da Kevin Brownlow. 35 mm. in bianco e nero; con trittico; musica di Carl Davis; durata: 5 ore e 13 minuti (a 20 fotogrammi per secondo) proiettato alla Cinematheque Francaise nel 1983
  18. Ricostruzione del Napoléon muto effettuata da Kevin Brownlow. 35 mm. in bianco e nero; con trittico; musica di Carl Davis; durata: 4 ore e 50 minuti (a 20 fotogrammi per secondo) trasmessa sul canale inglese Channel 4.
  19. Versione di Francis Ford Coppola. Si tratta di una versione ridotta della precedente. 35 mm. virato; con trittico; musica di Carmine Coppola; durata: 4 ore (a 24 fotogrammi per secondo) al momento l’unica esistente al mondo sia in laserdisc (ricopiato in seguito su VHS e DVD).
  20. Ricostruzione di Kevin Brownlow per la Cinémathèque française. 35 mm. in bianco e nero, con trittico, musica di Carl Davis; durata: 5 ore e 13 minuti (a 20 fotogrammi per secondo).
  21. Ricostruzione di Bambi Ballard per la Cinémathèque française. 35 mm. in bianco e nero, con trittici (anche della doppia tempesta); musica di Marius Constant (basata su opere di Honegger; durata: 5 ore e 10 minuti (a 20 fotogrammi per secondo).
  22. Ricostruzione di Kevin Brownlow per il British Film Institute. 35 mm. imbibito e virato; con trittico; musica di Carl Davis; durata: 5 ore e 33 minuti (a 20 fotogrammi per secondo e 18 per la parte ambientata a Brienne) presentato al Paramount Theatre (Oakland, California), al Royal Festival Hall, Londra e al Ziggo Dome, Amsterdam.

Non vuol dire che tutte le versioni partono dalle stesse identiche riprese provenienti dallo stesso negativo: sappiamo che all’epoca del muto si montavano più copie negative originali, poiché le pellicole allora disponibili per la stampa di controtipi erano di scarsa qualità e gli stessi negativi, essendo infiammabili, potevano accidentalmente andare distrutti (come nel caso del negativo originale de La passion de Jeanne d’Arc di Dreyer) o si usuravano nei continui passaggi attraverso le stampatrici, risultando inutilizzabili dopo essere serviti a stampare un certo numero di copie.

Ma questo è solo il principio, perchè la faccenda è ancora più complessa: Abel Gance, al momento delle riprese, adorava sperimentare nuovi metodi di ripresa, all’avanguardia nel 1925-27. Andiamo nei dettagli: aveva appositamente inventato per il film non solo lo speciale sistema di proiezione su tre schermi ma aveva fatto ricorso alle tecnologie più innovative, in cui lo spirito delle avanguardie degli anni Venti si univa con quello dell’ industria meccanica “pesante” e con lo stile delle grandi parate e degli spettacoli di masse cari al periodo. Macchine da presa montate su enormi gru o su ascensori per riprese a caduta veloce (ispirate alla ghigliottina) e nuove piccole cineprese Debrie da tenere in mano come moderne “handicam”. I grandangolari “Brachyscope”, la lente iridescente “Wollensack”, il “pendolo parallelogrammico” per movimenti di macchina ondulari. Secondo la leggenda Gance arrivò persino a “sparare” delle cineprese per ottenere le “soggettive” delle palle di cannone (realtà o pubblicità?). Certo è che sul set trasformato in campo di battaglia per gli eserciti delle sue comparse dava ordini non solo col classico megafono ma esplodendo colpi di pistola, da gran generale e stratega della ripresa. Poiché lui, repubblicano e progressista, si era totalmente identificato con l’imperatore, in cui vedeva un pioniere dell’idea europea e forse di quella Repubblica Universale che egli stesso avrebbe poi esaltato nell’utopistico La fin du monde (1930), il suo film successivo dopo Napoleon.

Quindi la situazione è più complessa alle versioni di importazione ed esportazione dei film di Murnau, perchè almeno la versione distribuita in Germania era unica, ma non nel caso di Napoleon. Kevin Brownlow per questo motivo ha lavorato per più di 50 anni sulla ricostruzione del film. Esamineremo più avanti le varie fasi del suo lavoro.

Ma bisogna restaurare tutte le versioni precedenti ai restauri?

Certo che no, sarebbe un lavoro estremamente complesso, inutile e soprattutto dispendioso. Come mai? Perchè la vicenda è più complessa di quanto chiunque possa credere, in primo luogo la presenza di numerose versioni variamente mutilate (quindi quasi mai curate dallo stesso Gance), la disastrosa distribuzione negli Stati Uniti che accorciò il film a soli 72 minuti, eliminando tutte le invenzioni tecniche contenute, provocando un autentico disastro di critica e di incassi.

Disastrosa non solo in termini economici, ma anche pratici perché portarono alla perdita irreparabile del negativo originale fotografico del film – anche se forse i negativi originali del film andarono persi durante il rimontaggio, avvenuto nel 1935, della versione sonorizzata del film, della durata di 100 minuti, comprendente effetti sonori aggiunti, dialoghi post-doppiati – con alcune novità, ad esempio il momento del discorso su Napoleone è ancora più ambiguo che nel film originale – e con nuove scene girate con nuovi membri del cast, con un massiccio uso di mascherini. Inoltre, dato che il film originale venne girato a 20 fps (tranne i primi 2 rulli, episodio 1, Brienne, che è a 18 fps), le immagini a 24 fps rendono tutto più veloce.

Questo nuovo rimontaggio del film in versione sonorizzata pregiudicò il piano originale di Gance, che originariamente intendeva dirigere 6 film legati alla figura di Napoleone; progetto che non fu mai portato a termine, nonostante Gance abbia poi girato altre pellicole sulla vita di Napoleone. Durante le ricerche recenti sui materiali del film, solo una piccola quantità di materiale originale stata trovata. Nonostante questo, la valutazione ha consentito il recupero dell’80% del negativo originale della scena “Marsigliese” al Club des Cordeliers, e le riprese originali in camera del “Bal des Victimes.” Gli elementi più originali sarebbero solo duplicati dei positivi o nitrati o diacetati “workprints”.

Gance mi confidò anche che alla Cinémathèque française c’era del materiale girato durante la lavorazione di Napoléon. Io non avevo mai sentito una cosa simile e pensai che risentisse dell’età. Ma quando interpellai Marie Epstein, lei arrivò con una pila di scatole arrugginite: non appena si allontanò, mi buttai sul materiale, scoprendo un grande rullo che risultò contenere la sequenza della battaglia a palle di neve descritta da Bardèche e Brasillach come “un capolavoro del montaggio accelerato” e mancante dalle copie di Napoléon sin da quando il film era uscito. Marie Epstein ci permise di visionare il rullo alla moviola ed io considero quei pochi minuti fra i più emozionanti della mia vita (portarono direttamente al restauro di Napoléon). Scoprire poi che tutti gli altri rulli riguardavano – proprio come aveva detto Gance – la lavorazione di Napoléon, fu qualcosa di indicibile.” K.B.

Inoltre sul film esistono, riguardanti la sua travagliata produzione, tre documentari:

  • L’auteur du Napoleon (1927) è uno dei primi film a documentare una troupe al lavoro. Girato da chiunque avesse voglia di pigliar su la macchina da presa portatile, fu montato da Jean Arroy che curò anche le didascalie e nel 1928 fu proiettato allo Studio 28 di Parigi. Vi sono incluse riprese del produttore Jacques Grinieff, del direttore tecnico Simon Feldman, degli operatori Jules Kruger e Joseph-Louis Mundviller, nonché dell’assistente alla regia Alexandre Volkoff.
  • Abel Gance, hier et demain (1963) di Nelly Kaplan – collaboratrice di Gance sin dal 1954 – un cortometraggio di 28′ dove lo stesso Gance dimostra che è stato uno dei primi cineasti a teorizzare sull’immagine cinematografica

  • Abel Gance: The Charm of Dynamite (1968) di Kevin Brownlow dove si racconta attraverso le interviste con lo stesso Gance sia le sue innovazioni cinematografiche con l’esempio dei film J’Accuse! (1919), La Roue (1923) e ovviamente i problemi della produzione e dele scelte tecniche durante le riprese del Napoleon. Il documentario venne prodotto dalla BBC e messo in onda nel maggio 1968 e vanta non solo di essere il primo documentario di Brownlow, ma anche un narratore di spicco come il regista Lindsay Anderson.
  • Abel Gance et son Napoléon (1984). Documentario di Nelly Kaplan, narrato dal conduttore televisivo Michel Drucker e presentato al Festival di Cennes nella sezione Un Certain Regard. Esso utilizza e valorizza nella sua narrazione sulle difficoltà delle riprese del film, il citato Autour de Napoléon di Jean Arroy (1927-28). Il documentario incorpora buona parte, forse tutto, di quanto rimasto del lavoro originale del 1927-28 di Arroy, per documentare la storia delle riprese del film. Nella scheda ufficiale del film, curata da Nelly stessa, si legge: “Da documenti unici e inediti appartenenti a Gance, l’autrice ha tratto un film che ricostruisce la genesi del capolavoro… Sequenze 142 complete ci mostrano in che modo è stato girato Napoléon, … un gran numero di rare fotografie di scena, il diario tenuto da Gance durante le riprese, svariati manoscritti da cui emerge quando e come il grande creatore abbia concepito l’idea dello schermo panoramico e del Polyvision, e infine eccezionali documenti sonori inediti: per esempio, la voce dello stesso Gance che legge il suo famoso “Appello” ai tecnici degli studi di Billancourt nel primo giorno di riprese, per suscitarne l’entusiasmo di fronte all’immensa impresa che li attende… Al momento questo materiale è di proprietà della Lobster Films.

Napoléon Bonaparte vu et entendu par Abel Gance (1935) e Bonaparte et la révolution (1972)

Vale la pena esaminare l’ultimo dei “rimontaggi” eseguiti dallo stesso Gance verso il 1972. Nel caso del Napolèon lo stesso film, anche se nelle mani dello stesso regista, sfortunatamente non può godere sempre del miglior trattamento. La particolare motivazione risiede ironicamente nella stessa ragione per cui la versione originale era fertile di innovazioni liguistiche, ma allo stesso tempo tecniche: Gance era sempre stato uno sperimentatore a 360°. Qualsiasi esperimento all’avanguardia doveva essere collaudata dallo stesso regista, in particolare con la nuova industria del cinema sonoro e dell’uso di altri mezzi tecnici come l’uso dei trasparenti – un  antenato cinematografico del moderno uso del Green Screen.  

Negli anni ’30, subito dopo l’uscita dei film Le Maître de forges (1933) e Poliche (1934) Gance realizzò nel 1935 una nuova versione di Napoleone. Riprese il negativo originale del 1927 e lo rimontò – ragione per cui del negativo originale della versione muta si è persa qualsiasi traccia – aggiungendovi i dialoghi doppiati dagli stessi attori originali e con un nuovo montaggio che comprendeva numerose scene girate per l’occasione. L’effetto è evidente quando si nota che un film girato a 20 fotogrammi al secondo ha un effetto accelerato quando proiettato a 24 nella velocità standard di una qualsiasi proiezione sonora. Gance aveva già lavorato col sonoro, ma stavolta compie un primato che segna per sempre la storia del cinema: l’uso del suono stereofonico – assieme alla nuova colonna sonora di Henri Verdun, sincronizzata assieme all’intero film e al trittico finale – che per la prima volta nella storia del cinema comporta un senso di pienezza spaziale, proprio perché abbiamo completa rivelazione della posizione relativa di ogni singolo strumento musicale.

“Ero stato preparato all’esperienza dalla versione muta 16mm e misi in guardia Andrew, ma il risultato fu anche peggiore del previsto. Gance aveva preso il suo film muto e ne aveva ricavato uno completamente diverso. Ogni scena era stata post sincronizzata, sostituendo le didascalie con dialoghi e le lacune colmate da inserti e discorsi girati ex novo. Attori […] erano stati richiamati per recitare le loro battute in sincrono e, da un’inquadratura all’altra, li si vedeva invecchiare di dieci anni. L’episodio di Brienne era stato eliminato. C’era un lungo prologo in una locanda, una sorta di cabaret napoleonico, e un epilogo ancora più lungo che, dopo l’entrata in Italia del finale originale, proponeva le campagne successive attraverso una serie di vetri per lanterna magica […] Il film era stato massacrato, ma il perpetratore, purtroppo, era lo stesso Gance. Ricordo ancora la cocente delusione della proiezione al NFT. E il sentimento di rabbia impotente che pro”. Kevin Brownlow

Il film venne ulteriormente accorciato dalla versione muta a “soli” 13 rulli per la prima proiezione, in seguito ridotti a 10. In seguito il film venne ancora rimontato e distribuito dalla Studio 28 e in seguito dal Film-Office in formati ridotti – 16mm, Pathè Baby 9.5mm e 8mm. Questo seconda versione creò grossi problemi durante il reperimento delle copie durante i primissimi lavori di montaggio perchè venne distribuita questa versione anche senza sonoro con le didascalie stampate sopra le immagini. Cosa che confondeva chi non era in grado ri-distiguere le nuove riprese anni ’30 – riconoscibili in alcuni casi dal mascherino sonoro – da quelle mute del 1927.

Di sicuro l’esperienza del rimontaggio del film aveva influito in Gance nell’idea di girare una nuova versione – questa volta interamente sonora – di J’Accuse! (1938), ripreso dal capolavoro muto distribuito nel 1919 dalla Pathè Frérès che a sua volta venne distribuito in una versione più breve dalla United Artist in USA nel 1921 in una versione rimontata da Gance con un taglio meno antimilitarista, con una presa di posizione più anti-tedesca, e (stranamente) con l’aggiunta di un lieto fine. La versione del 1938 ha pochissimo a che fare con l’originale, perchè stavolta si interroga sull’imminente arrivo della Seconda Guerra Mondiale – e per ironia della sorte venne distribuito in USA un mese dopo lo scoppio della Guerra in Polonia da parte della Germania Nazista. Recentemente questa versione sonora è stata restaurata dalla Gaumont e distribuita dalla Olive Film. 

La tecnica di Gance anticipa di ben quattro anni il cosiddetto Fantasound utilizzato per la prima volta da Walt Disney durante la registrazione delle musiche del capolavoro Fantasia (1940) condotte dal direttore d’orchestra Leopold Stokowski.

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L’ultimo rimontaggio del film risale al 1969, in seguito al successo della ripresa e distribuzione delle sue opere grazie a retrospettive dedicate al regista avvenute in Francia e Inghilterra e soprattutto per celebrare il bicentenario della nascita dello stesso Napoleone. Il lavoro venne finanziato da uno dei principali nemici della ricostruzione di Brownlow: Claude Lelouch che all’inizio accettò di finanziare quella che alla fine diventerà Bonaparte et la révolution (1972).

Curiosamente durante le prime fasi del restauro il maggiore problema era il reperimento dei materiali originali, difesi aspramente dall’allora direttore della Cinémathèque Française, Henri Langlois. Il caso volle che a tradire lo stesso Langlois fu il suo maggior difetto: la sua conosciuta disorganizzazione nel trattamento dei materiali – non dimentichiamo ad esempio un incendio avvenuto nel 1959 – uno dei depositi in rue de Courcelles – che distrusse l’unica copia sopravvissuta di The Honeymoon (1928) di Eric Von Stroheim e allo stesso modo la perdita dei negativi di alcune sequenze dello stesso Napolèon (di sicuro un originale interpositivo contenente delle sequenze di Brienne e del Bal des Victimes stampato dalla collega Marie Epstein), causando spesso l’iritazione della stessa FIAF di cui Langlois era stato nel 1938 uno dei fondatori), provocando una rottura durata fino al 1982. Accadde che il materiale era stato stranamente ritrovato nei magazzini del magazzino doganale dell’Aeroporto Kennedy – perchè Langlois aveva l’abitudine di nascondere i suoi materiali in posti che solo lui e Mary Popov Meerson conoscevano – con addirittura le precise istruzioni che lo stesso Brownlow  non doveva toccare il materiale! Purtroppo il secondo – e più grave – dei problemi avvenne dalla fatidica decisione di cedere i diritti del film (tecnicamente quindi di tutte le versioni, mute e sonore) a Lelouch per colpa di una battaglia legale che avvenne durante la produzione dell’ultimo montaggio che purtroppo lo stesso Gance perse. 

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Secondo un punto di vista, sempre voluto da Gance ma estremamente diverso dalle versioni precedenti, il film è una ricostruzione in chiave storica degli eventi della Rivoluzione Francese e dell’ascesa di Bonaparte. Gance aveva distorto la sua romantica, simbolica sinfonia, cercando di trasformarla in un film didattico Egli aveva utilizzato una buona parte della pellicola originale, ma l’aveva trattata come un regista di documentari televisivi elabora il materiale di repertorio: ogni volta che voleva approfondire una questione storica, aggiungeva all’originale estratti di Austerlitz (1960), di suoi lavori televisivi come Valmy, scene di Napoleon Bonaparte del 1935, stampe, lettere, pamphlet e nuove riprese con lo stesso Gance ormai ottantenne. Il ritmo della Doppia Tempesta era stato spezzato da dialoghi sincronizzati, in parte girati nel 1934, in parte nel 1969: stanche teste parlanti erano state inserite con l’accetta all’interno di quel movimento delirante.

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Tutto il materiale muto era stato postsincronizzato, così gli attori avevano ora una voce. Dieudonné si era doppiato da solo, nonostante avesse ottant’anni e nonostante l’accresduta velocità di scorrimento della pellicola lo avesse costretto a parlare molto in fretta. Il suo timbro di voce faceva a pugni con la figura giovanile che si vedeva sullo schermo. Ma la cosa più incredibile era che Abel Gance, nel più curioso atto deliberatamente perpetrato da un cineasta a danno della propria opera, interpretava di nuovo Saint-Just. Per la maggior parte dei discorsi di Saint-Just sulle conquiste della rivoluzione, Gance aveva adoperato le riprese originali accompagnate dalla sua voce, registrata nel 1934. Ma la nuova scena cominciava con Saint-Just visto in controluce, entro una nicchia, mentre teneva la sua allocuzione. La sagoma era visibilmente quella di un vecchio, e così pure la voce. L’operatore aveva fatto del suo meglio per tenere in ombra questa perversa performance, ma la differenza era di un’imbarazzante evidenza.

Il film durava quattro ore e quarantacinque minuti, e inspiegabilmente tagliava via gli episodi di Tristan Fleuri e di Violine, senza l’intreccio secondario di Pozzo di Borgo-Salicetti e senza il trittico finale che veniva sostituito dalla sequenza dei fantasmi dove Napoleone annuncia la sua République universelle, assieme alla ripresa della Marsigliese. Oppure Gance prendeva episodi del film e li spostava in altre parti, come ad esempio l’episodio della battaglia a palle di neve e Brienne… che venne posto nel finale!

Fotografie ed inserti inoltre ricostruivano sezioni del film ritenute perdute, perchè a partire dalla sceneggiatura originale, Gance sostenevano che a causa della guerra sei o sette rulli erano andati perduti – in particolare le scene con Mlle. Lenormant, con Salicetti e l’esecuzione degli ostaggi a Tolone (considerata perduta dal 1958, una delle scene più audaci del film dove i soldati in un incredibile crescendo aprono il fuoco e la cinepresa compie lo stesso percorso della pallottola, il tutto con un montaggio parossistico e un incredibile effetto di panico). Ebbene sì: nonostante il restauro 5 cinque ore e mezza il film ricostruite nel 2000, l’originale conteneva delle scene oggi considerate perdute. (La lunghezza originale del film era di 12.872 m, circa 7 ore di film!)

Kevin Brownlow a proposito della lunghezza del film: “Forse è troppo lungo: ma quando si ama qualcuno, non se ne ha abbastanza… e lo stesso vale per me e Napoleon vu par Abel Gance. Per quanto mi riguarda, può durare anche tutta la notte”

Ovviamente il film all’epoca divise la critica: il Variety lo lodò dicendo che il film è una dimostrazione di cosa si può fare per salvare il patrimonio cinematografico – infatti Napoleon è anche uno dei pochissimi film, assieme alla versione del 1942 di The Gold Rush di Chaplin, ad essere stato distribuito sonorizzato dagli stessi attori – mentre l’Hollywood Reporter commentò “E’ talmente pomposo che si ride di più che con i fratelli Marx“!


Il Restauro di Kevin Brownlow

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Le prime “ricostruzioni” del film avvennero negli anni ’60, a partire dagli stessi materiali prima in 9.5mm Pathè Baby trovati al mercato delle pulci di Parigi ed in seguito 16mm.

La prima grande scoperta arrivò tramite il dottor C.K.Elliott che da un fondo di pellicole ritrovò una copia 17.5mm – chiamata Pathé-Rural, un formato utilizzato ai cinema ambulanti di campagna – imbibita e virata, con didascalie in francese e inglese, proveniente dalla versione presentata all’Opéra nel 1927. “La mia versione 9,5mm era pietosa in confronto… eppure c’erano delle scene mancanti. Napoléon era il film che avevo sognato fosse” K.B.

Inoltre il lavoro partì dal confronto con una copia originale imbibita – esaminata durante una rassegna su Gance da parte di John Huntley nel 1956 – proveniente dalla Cinémathèque française lunga 17 rulli (4.600 m), assemblata da Marie Epstein, di ottima qualità che differiva da quella del Dottor Ellitt.

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Nello stesso periodo del ritrovamento del materiale che sarebbe stato inglobato nella versione di Bonaparte et la révolution, Brownlow ebbe la fortuna di esaminare – e copiare – il materiale ritrovato prima di essere stato rispedito al mittente. La prima vera e propria ricostruzione da parte di Brownlow, avvenuta sui materiali originali francesi, avvenne letteralmente di nascosto presso un ufficio National Film Archive. La ragione era la politica del suo fondatore Ernest Lindgreen – considerato l’anti-Langlois per il suo approccio diametralmente opposto al suo corrispettivo francese perchè era più selettivo nell’acquisizione dei materiali ed era convinto che i film dovevano essere assolutamente preservati, intatti, per i posteri e non dovevano mai essere rovinati da ulteriori proiezioni (l’opposto di Langlois che invece li proiettava il più possibile), anche se purtroppo la sua filosofia, anche se produceva enormi risultati come collezionista, aveva il difetto di allarmanti lacune come archivista – non avrebbe mai dato via all’iniziativa perchè all’epoca considerata un’iniziativa troppo individuale che non rientrava nella sua visione istituzionale. Il lavoro inoltre venne aiutato dalla collaborazione di David Meeker – in contatto con Jacques Ledoux della  Cinémathèque royale de Belgique – che si premurò di contattare ogni archivio al mondo che avesse conservato anche un solo rullo del Napoléon, recuperando addirittura scene fondamentali di cui non si conosceva l’esistenza.

In questo periodo venne fatto in modo che il BFI avesse i diritti inglesi – come appunto lo è tutt’ora: il nuovo restauro digitale del Napoléon è distribuito esclusivamente nei territori UK, cosa che vale anche per i DVD e BluRay. In questo periodo venne presentato in USA Bonaparte et la révolution grazie alla collaborazione di David Shepard dell’AFI, ottenendo un grande successo. Alla proiezione partecipò Francis Ford Coppola che rimase colpito dalla potenza del film.

Il Primo Restauro (1979 – 1980)

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Kevin Brownlow e Abel Gance a Telluride (1979)

Il primo restauro venne presentato per la prima volta il 31 agosto 1979. La copia era composta dal precedente restauro del 1970 con l’aggiunta di ulteriori materiali provenienti dal negativo della versione MGM del 1928 – a proposito Brownlow scrisse “era la versione meno soddisfacente di tutte, senza nessun particolare pregio artistico. il miracolo consisteva nel fatto che conteneva vari pezzi da me mai visti prima“, ma nonostante tutto. Il tutto venne finanziato dal MoMa e grazie all’aiuto del giovane Bob Harris (che aveva acquistato i diritti americani di Bonaparte et la révolution), assieme alla stampa di nuovi intertitoli – inglesi – dalla Frameline Productions di Londra che sostituivano i precedenti che non erano uniformi perchè in stili disomogenei ed erano stati aggiunti in differenti periodi di restauro. (Questo restauro è ben riconoscibile non solo dalla qualità dei materiali, ma anche dagli intertitoli con un font decisamente neutro e per nulla fedele a quello originale). 

La proiezione avvenne al Telluride Film Festival all’aperto, perchè nessun edificio del festival era abbastanza grande da includere uno schermo necessario. Al momento della proiezione purtroppo la musica di accompagnamento era un pianoforte elettronico come, nonostante in origine doveva essere un organo che si era fuso, con la presenza dello stesso Gance che rivide il film dalla finestra del suo albergo, con il magnifico trittico finale che addirittura allontanò agli spettatori il pensiero delle basse temperature presenti durante la serata, “durante l’intervallo , una zuppa calda fu per tutti la salvezza”. La copia venne stampata presso i laboratori del British Film Institute e proveniente da copie 35mm di buono stato e alcune sequenze in 17.5mm di mediocre qualità.

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Un fotogramma del riversamento in 70mm del Trittico finale nella Versione Coppola (1981)

Nel gennaio del 1981 avvenne la distribuzione della cosiddetta “Versione Coppola” da parte dell’American Zoetrope, che apportò dalla precedente versione modifiche sostanziali – “Dobbiamo ridurre il film a tre ore e mezzo, altrimenti le sale non lo prendono” che ridussero il film da 5 a 4 ore, proiettata a 24 fotogrammi al secondo. “Era un peccato” disse Brownlow a proposito. inoltre per consentire la messa in scena di più spettacoli dal vivo, la colonna sonora di Coppola venne registrata su Dolby stereo a 6 piste e il film fu trasferito per il trittico finale su 70mm. Ma ovviamente il risultato finale non rispecchia il trittico originale, per colpa del formato del riversamento.

Il Secondo Restauro (1982)

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Durante la campagna della Versione Coppola, su invito del nuovo direttore della Cinémathèque française AndreMarc Delocque-Fourcaud, Kevin Brownlow potè esaminare tutti i materiali di Napoléon conservati in archivio. il tutto assieme alla collaborazione di Marie Epstein. 

Altro materiale venne successivamente alla luce. Il tutto dopo l’analisi di ulteriori materiali presenti presso la Cinémathèque française, assieme alla scoperta di materiali in 35mm equivalente alle sequenze precedentemente esistenti in 17.5mm e inoltre la sensazionale scoperta di scene precedentemente sconosciute. “Fui molto emozionato dalla scoperta di una sequenza con la famiglia Bonaparte che fugge dalla Corsica…una scena in cui Salicetti e Pozzo di Borgo complottano per stroncare la carriera di Bonaparte… ulteriori riprese di Tolone, con una guarnigione inglese che combatte i francesi presso la Grosse Tour. Contemporaneamente, mi rendevo conto di errori che avevo commesso nella ricostruzione: qualche sequenza nell’ordine sbagliato, qualche didascalia mal tradotta. Errori poi tutti corretti.

Per questa nuova versione vennero inoltre ricreati i caratteri originali degli intertitoli in stile settecentesco. Carl Davis fu richiamato per comporre della nuova musica da aggiungere alla partitura originale, visto che il nuovo restauro era lungo 23 minuti in più. Il restauro venne presentato nel 1983 in Inghilterra e nel 1983 a Le Havre in Francia, ma purtroppo questa versione – per i diritti internazionali di Coppola – non è stata mai presentata negli USA.

Il Terzo e definitivo Restauro (2000)

In occasione del Congresso della FIAF, dove il tema del Simposio era The Last Nitrate Picture Show / The Futurology of Film Archiving a Londra, venne presentato nel giugno del 2000 presso la Royal Festival Hall. L’organizzazione della première fu eseguita dal collega Patrick Stanbury. La proiezione venne accolta con un trionfo ineguagliabile.

Il più fedele sia nei contenuti e nella qualità dell’immagine, grazie a una nuova stampa su pellicola a colori che riproduce fedelmente l’imbibizione – tramite l’uso di filtri – curata da Joào Oliveira, responsabile tecnico del National Film and Television Archive. Il materiale adesso è più nitido e inciso del precedente. I testi degli intertitoli vennero ri-scannerizzati con campioni di didascalie originali (questa volta autentiche) al fine di realizzare gli oltre 450 cartelli contenuti nel film, alcuni per la prima volta inseriti ed altri corretti nella traduzione. Questa volta il film durava 19 minuti in più rispetto al precedente, con una nuova partitura ancora più allungata dallo stesso Davis, per una durata totale di 332 minuti, perchè questa volta moltissime scene avevano un diverso montaggio o una diversa durata. Da quest’ultima versione venne stampato un negativo che verrà utilizzato durante il transfer della versione restaurata digitale del 2016.  (La stessa versione venne proiettata anni dopo il 30 novembre 2013 sempre al Royal Festival Hall – e l’autore dell’articolo fu presente).

Lo stesso Kevin che spiega ancora più dettagliatamente i cambiamenti apportati in quest’ultimo restauro.
“Questo è il terzo restauro completo di Napoléon. Sulla base della versione del 1980, Bambi Ballard ha prodotto una versione ampliata utilizzando tutto il materiale della Cinémathèque française che era stato portato al National Film and Television Archive e qui duplicato da João Oliveira. Nel 1999, grazie al supporto finanziario di Erik Anker-Petersen. […] 
Il materiale importato dalla Francia è stato duplicato e inserito nella copia di lavorazione. La differenza è enorme rispetto al precedente restauro: le nuove parti di pellicola sono di alta qualità e le nuove didascalie facilitano la comprensione della narrazione e rendono la storia più interessante.

Le didascalie del vecchio restauro erano state con poca spesa non avevano niente a che vedere con i caratteri in grassetto in stile XVIII secolo utilizzati nella versione originale. Abbiamo filmato di nuovo (e tradotto di nuovo) tutte le didascalie nei caratteri originali — il tondo per le descrizioni e il corsivo per i dialoghi —, il che dà al film tutta un’altra aria. Abbiamo trovato sia i titoli originali sia gran parte dei credits e siamo quindi in grado di riprodurli esattamente. Abbiamo deciso di mantenere il titolo francese Napoléon vu par Abel Gance, perché è difficile tradurlo.

Il primo episodio — Napoleone ai tempi della scuola a Brienne — fu ripreso da un cameraman diverso da quello che lavorò al resto del film e molti si sono lamentati che la velocità di proiezione era eccessiva. Per questo motivo ora proiettiamo “Brienne” a 18 fotogrammi al secondo con la musica sincronizzata a questa velocità e il resto del film a 20 fotogrammi al secondo. Quando abbiamo trovato materiale di qualità migliore per la stessa scena l’abbiamo utilizzato; in alcuni casi abbiamo trovato scene superiori a livello fotografico, ma con una recitazione più scadente e le abbiamo pertanto scartate. Ad esempio, nell’episodio di Tolone, si vede Napoleone scendere da cavallo due volte — un errore di montaggio di un assistente che stava cercando di fare un altro negativo. In questo caso abbiamo optato per la scena migliore, quella in cui Napoleone scende da cavallo una volta sola con piglio professionale, anche se la pellicola è rovinata nell’area poi occupata dalla colonna sonora. Nella scena del matrimonio, il materiale nuovo è di qualità molto migliore e quindi lo abbiamo utilizzato per la prima metà, ma la recitazione di Dieudonné non è altrettanto buona nella seconda parte della sequenza e così siamo ritornati all’originale, nonostante i segni di decomposizione.

Alcune sequenze, ad esempio quella della Marsigliese, sono state completamente sostituite perché i rulli di pellicola ritrovati sono chiaramente quelli definitivi. Questi rulli indicavano anche dove doveva iniziare e finire l’imbibizione e fornivano dei campioni, cui ci siamo rigorosamente attenuti.  Certi pezzi nuovi non si prestavano proprio ad essere inseriti. Come si può utilizzare la scena della gendarmerie che dà la caccia a Napoleone fra i monti all’inizio della sequenza dell’inseguimento in Corsica, quando nella scena che abbiamo si vedono uomini a cavallo su un terreno completamente diverso? Nella scena della “doppia tempesta” è curioso come il nuovo negativo sia esattamente uguale a quello vecchio, inquadratura dopo inquadratura, tuttavia con alcuni fotogrammi di differenza.

La prima volta che restaurai il film mi ritenevo fortunato quando trovavo pellicola in più, ma questa volta mi sono spesso ritrovato con tre versioni della stessa scena, ciascuna con piccole differenze nella recitazione o nella regia rispetto alle altre. Talvolta erano le scene stesse a decidere per me. Mme. Tallien arriva al Bal des Victimes e se ne sta lì in piedi, tutta elegante. In un’altra versione, probabilmente un rifacimento, Mme. Tallien arriva e viene accolta da una pioggia di petali di rosa. In certi casi la recitazione era migliore, ma non l’angolazione della macchina da presa o viceversa. È stato perciò enormemente difficile scegliere cosa utilizzare. La scena che mi ha messo a più dura prova è stata quella della “morte di Marat”, una scena completamente nuova e lunga il doppio rispetto alla vecchia. Dapprima decisi di tenerla, ma quando la proiettammo ci accorgemmo che qualcosa non andava nel trucco di Marat — ovviamente anche Gance aveva tagliato la scena per la stessa ragione. In uno o due altri punti, Gance aveva fatto dei tagli invece di aggiunte e io ho generalmente seguito le sue scelte. Talvolta è stato necessario utilizzare una scena extra senza grande valore allo scopo di spiegare una bellissima scena successiva, come nel caso di Joséphine che suona l’arpa: essa è seguita da una deliziosa scena della figlia che parla con il proprio pappagallo della madre e di Napoleone”.

Eppure, nonostante la durata di ben cinque ore e mezzo, oltre ai materiali considerati oggi perduti, ce ne sono altri ancora mancanti all’appello.

Kevin Brownlow ha spiegato che non sempre tutto il materiale poteva essere inserito nel restauro, perchè ha raccolto varie sequenze che da sole non hanno senso – perchè non presenti nella sceneggiatura originale del film – che non possono essere inserite se non si rintracciano le scene ad esse complementari: “sequenze essenziali per il crescendo dell’azione troncate bruscamente… salti nell’azione che indicavano l’assenza di didascalie importanti, il cui contenuto era del tutto ignoto… sequenze senza senso che sembravano appartenere a un altro film. In una di queste, si vedeva una stanza appena illuminata, una salma stesa su un pagliericcio, una donna in lutto. C’entrava così poco con il resto del film che la misi da parte e la dimenticai, finché non la rividi in una versione sonora. A quanto pare doveva simboleggiare la Francia ridotta alla fame, ma devo ancora capire come Gance l’avesse incorporata nella versione originale. In certi allettanti frammenti, talvolta non più di singoli fotogrammi, si vedevano scene da tempo scomparse: Violine priva di sensi trasportata nella stanza di Joséphine… Napoleone che impegna l’orologio per comprare un  paio di stivali. E certi eccellenti episodi, come quello dei partigiani di Paoli che si radunano alla luce delle fiaccole nel centro di Ajaccio, avevano bisogno delle inquadrature di inizio e fine sequenza per poter essere utilizzati”.


Un film, tante versioni ma poche proiezioni.

Le occasioni di ammirare questo restauro del film, nella versione di Kevin, in sala sono molto rare, ad esempio sono passati esattamente trent’anni dall’ultima proiezione del film negli Stati Uniti –  avuta nel 2012 presso il Paramount Theatre di Oakland: negli ultimi sei anni solo in Inghilterra il film è stato proiettato solo quattro volte.

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Parlando di Napoleon, tecnicamente dobbiamo scrivere, sui dizionari di storia del cinema, Napoléon vu par Abel Gance – Version Opéra (1927) e in un’altra pagina Napoléon vu par Abel Gance – Version Définitive (1927)… ma in realtà ognuna di esse è incompleta rispetto all’altra: la prima è più corta ma conta il trittico finale, mentre la seconda è più lunga e con più materiale… ma manca il trittico!

E qui parliamo solamente della versione Francese, perché Gance aveva preparato altri montaggi per la Versione Tedesca, in collaborazione con l’UFA che acquistò il film anche per distribuirlo in Austria, Polonia, Finlandia, Danimarca, Svezia, e Norvegia – raccomandando per la sua versione addirittura un cameo del celebre attore Conrad Veidt nel ruolo del Marchese de Sade (anche se la scena oggi non si sa se ancora sopravvive). Inoltre per questa versione venne composta un’ulteriore colonna sonora da Werner R. Heymann, che compose all’epoca le colonne sonore originali del Faust – Eine deutsche Volkssage (1927) di Friedrich Wilhelm Murnau e Spione (1928) di Fritz Lang. Purtroppo questa colonna sonora è perduta per sempre.

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Venne preparato un negativo apposito per la Versione Americana, con delle piccole sequenze che richiamavano la Rivoluzione Americana, ma purtroppo il film venne mutilato dalla distribuzione da parte della Metro Goldwin Mayer che, malgrado le richieste del regista, montò una versione che aveva una trama poco coerente, piatta ed allo stesso tempo assurda! “La MGM non solo si era limitata a eliminare interi episodi per ridurre la durata del film, ma aveva riassemblato tutto quanto, senza degnarsi di interpellare Gance, con il solo risultato di trasformare uno chef-d’œuvre in un capolavoro di incompetenza“.

Non a caso il film fu negli USA una delusione dal punto di vista critico e commerciale. Napoleone dura fino alla Campagna d’Italia, eppure uno dei cartelli pubblicitari del film annuncia “la fuga di Napoleone dall’Isola d’Elba“! Sul poster del film i capelli di Dieudonnè vennero aggiustati nelle inserzioni pubblicitarie in modo da farlo rassomigliare al Napoleone più familiare agli americani, addirittura gli fu dipinta la mano sotto il mantello, che nel film non viene mai messa in scena. Il tutto in poche parole tradisce l’intento originale voluto dallo stesso Gance. La più grande motivazione di queste scelte stanno all’interno delle regole conservatrici della MGM: non amava le innovazioni tecniche che provenivano dall’estero e conduceva in segreto i propri esperimenti; Napoléon era chiaramente a livello tecnico il loro nemico principale e per quello dovevano sopprimere le sue tecniche dichiarate poco convenzionali. Basti pensare al caso della distribuzione del film Varieté (1925) di Dupont: anche se rispetto a Napoléon venne leggermente abbreviato nella sua durata, riuscì comunque a contenere alcune sequenze girate con i movimenti di camera, riuscendo lo stesso a scuotere l’industria americana. Lo stesso Gance disse in seguito che i dirigenti delle Major americane ragionavano così: “Se presentiamo i trittici, provocheremo una rivoluzione, con complicazioni per l’intera struttura cinematografica. Dovremo adoperare tre proiettori e tre macchine da presa ogni volta che facciamo un film… No, meglio chiudere subito la partita”.

Le 3 proiezioni del Napoléon in Italia

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Il “restauro” dell’edizione Coppola venne presentato anche in Italia, il 6 agosto 1981 – a soli due mesi dalla morte di Gance – in un luogo considerato perfetto: presso le rovine del Colosseo e dell’Arco di Costantino, a ridosso del quale erano stati sistemati gli schermi e la buca dell’orchestra. Gance – che non potè parteciparvi per ragioni di salute – dovette accontentarsi del racconto piano piano di Claude Lelouch, di sicuro gli avrà detto che la proiezione era stata interrotta da una pioggia durata mezz’ora ma che nessuno tra il pubblico, nemmeno Madame Danielle Mitterand, l’ospite più importante (e anche la più gradita) nemmeno il sindaco di Roma Luigi Petroselli e il Presidente del Senato Spadolini, nemmeno Enrico Berlinguer,si era mosso dal proprio posto, che ognuno aveva aspettato pazientemente che finisse di piovere e che alla fine il pubblico si era alzato in piedi e aveva applaudito a lungo. Ovviamente nel finale il film ricevette una standing ovation – che all’epoca non era un tributo abituale

Il 22 settembre 2007 a Roma di fronte al Colosseo, sotto l’Arco di Costantino, in occasione dei trent’anni dell’Estate Romana alla presenza di madame Mitterrand e di Jack Lang, il film tornò in Italia. Le musiche sono state eseguite dal vivo dall’Orchestra di Roma e del Lazio diretta da Michael Zearott e da quelle, per organo solista, da David James. L’evento venne promosso dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma, in collaborazione con AMIT e Armilla e con il sostegno delle Banche Tesoriere del Comune di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, Banca di Roma e Monte dei Paschi di Siena.

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Anche la versione restaurata da Kevin Brownlow dalla Photoplay Productions e BFI – intendiamo il terzo e definitivo restauro – venne presentato, purtroppo, una sola volta in Italia nel 2001.

Un operazione che sin dal principio sembrava un’autentica follia per colpa innanzitutto dei diritti di distribuzione (l’Italia era considerata un territorio per l’edizione di Coppola!) che, invece dell’accompagnamento apposito scritto da Carl Davis, imponevano la colonna sonora di Carmine Coppola. Alla nostra obiezione che il film era adesso più lungo, essi replicarono: «Rinviate l’evento all’anno prossimo e noi faremo adattare la partitura di Carmine.» 

Dopo una lunga battaglia condotta tramite fax, e-mail e telefonate transoceaniche da parte del direttore del festival David Robinson e Federica Dini, fu raggiunto un accordo. Il film venne alla fine presentato al Teatro Nuovo Giovanni di Udine – perchè il teatro del festival a Pordenone non aveva uno spazio abbastanza grande per lo schermo del trittico. L’evento era stato organizzato come finale delle XX Giornate del Cinema Muto il 20 ottobre 2001, e per trasferire gli ospiti da Pordenone venne appositamente noleggiato un treno a vapore – come riferimento al film La Roue (1923) che venne proiettato nell’edizione precedente del festival.

Il giorno della proiezione tutto filò liscio fino all’ultimo atto, quando furono avviati i tre proiettori sincronizzati. La potenza delle loro lampade provocò un eccesso di assorbimento di elettricità facendo saltare un fusibile; la luce improvvisamente diminuì e le bobine raccoglitrici dei due proiettori laterali si bloccarono. I proiezionisi furono costretti, mentre controllavano la messa in quadro del trittico, a farle girare a mano. In sala quasi nessuno si rese conto del dramma che si stava svolgendo in cabina, e ancora una volta il film trionfo.


Parte 3 – La situazione nel 2015 – “I restauri concorrenti”

Il film purtroppo cadde nel corso degli anni in una complicata disputa legale sui diritti di proiezione del film, che legalmente possono essere messo diffuso solo nella versione di Coppola in tutto il mondo, tranne in Francia e UK dove viene preferito il restauro di Brownlow. 

Ma non finisce qui: dal 2014 esiste un nuovo lavoro di restauro del film, partito dopo anni di ricerche presso la Cinémathèque Française con il ritrovamento di preziosi documenti e materiali di alta qualità del film, sotto la supervisione di Francis Ford Coppola al fine di ricostruire la “version definitive” di 9 ore, annunciata per essere terminata il tempo del novantesimo anniversario dell’uscita del film nel 2017, permettendo di avere la primissima digitalizzazione del film ,dato che precedente è stato proiettato solo in pellicola. In merito al lavoro di restauro in corso, controllato e curato da Georges Mourier, esistono due lunghissimi articoli in merito, pubblicati sul sito della Cinémathèque française. Ma visto che stiamo parlando in particolar modo dei dettagli del restauro di Kevin Brownlow, ci limitiamo – per ora – a fornire i dettagli pubblicati in merito.

Ecco il link dell’articolo THE NAPOLEON COMET (in inglese)  (l’articolo è una traduzione, tagliata, dell’originale in francese), inoltre esiste un’intervista fatta a Georges Mourier da Paolo Cherchi Usai – tenutasi alla 42a edizione del Telluride Film Festival.

Ma cosa sappiamo esattamente di questo restauro di Coppola? Non molto che non sia stato confermato: sembrerebbe che, secondo le informazioni del restauratore Robert A.Harris – che ha lavorato nel 1984 alla prima “Versione Coppola” – questo restauro parte da porzioni scoperte nel 1971 del negativo originale, così come altri elementi mancanti. Siamo sicuri? Cioè nonostante il grandissimo lavoro di ricerca che Brownlow non ha mai trovato questi materiali descritti? Noi abbiamo i nostri dubbi a riguardo. “While we applaud the BFI’s latest efforts, we have been working with the Cinematheque toward the preparation of a more cohesive, and higher quality presentation, based upon Abel’s Apollo version of the film“. Un restauro con più qualità, che cosa significa: uno scan in 4K? Chissà. Quel di assolutamente certo è che questo “restauro definitivo coppola”, finalizzato nel restaurare la Versione Apollo del film – quindi la versione più “integrale” – sarà presentato nel 2017, in occasione del 90° anniversario dell’uscita del film.

Il primo passo del BFI, con la versione di Kevin Brownlow

Straordinariamente il 28 gennaio 2016, presso il sito del quotidiano web The Guardian e successivamente confermato dal British Film Institute rivelano una notizia inaspettata: il restauro del 2000 verrà non solo digitalizzato, ma anche ridistribuito sia in sala nel novembre 2016 – con la sua premiére presso il Royal Festival Hall a Londra – e per la prima volta in home-video, sia in DVD che in BluRay. Ancora si attendono nuovi sviluppi e conferme sui dettagli ma auguriamo che questa “battaglia” legale troverà nel prossimo futuro la sua fine.

Dalle primissime notizie – ancora non molte sul nuovo restauro BFI – abbiamo appreso qualche informazione riguardante il trittico finale, che è l’interrogativo numero uno di quest’edizione: “The triptych ending for this film is made up of 3 separate 1.33:1 images, resulting in a presentation ratio of approx. 4:1 – The images have been very carefully assembled in the digital master to ensure their cohesion as a triptych without cropping”. Quindi possiamo dedurre che sarà presente interamente in full frame rispetto alla precedente edizione video, ovvero la Versione Coppola del 1980 che è allo stesso tempo l’unica esistente con il trittico finale. Purtroppo è il nostro unico modo per vedere in versione digitale il trittico finale perchè la versione integrale  restaurata da Kevin Brownlow, mandata in onda sul canale inglese Channel 4 solamente due volte, nel 1980 e il 4 luglio 1989 – in occasione del duecentesimo anniversario della vera Rivoluzione Francese. Diamo un’occhiata all’edizione Coppola, partendo da un fotogramma proveniente dal trittico finale. notate qualcosa di strano nell’immagine sottostante?

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Come si può chiaramente vedere, il formato dell’aspect ratio di ogni singolo fotogramma è completamente sbagliato: è praticamente un quadrato! In termini più tecnici da un formato 1.33:1 si passa stranamente a un 1:1 (come Mommy di Xavier Dolan)! Sicuramente il problema è causato dal una disattenzione causata al momento della copia in video dei tre schermi, che in realtà dovrebbero essere in un formato più rettangolare, esattamente così.

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Ovviamente possiamo supporre che sarà così la futura edizione DVD e BluRay del film, che poi analizzeremo il prossimo novembre appena sarà distribuito. Ma riguardo quest’edizione video, come mai l’immagine è carente di definizione, nonostante risalga alla metà degli anni 80? Per un semplice ed importante motivo: perchè venne appositamente creata per l’edizione laserdisc uscita nel 1986 dalla MCA HomeVideo – per la collezione Images Film Archive. L’edizione comprendeva 5 facce – di cui una sesta dedicata alla galleria fotografica e alla versione a singolo schermo del finale. Da notare come nella descrizione sul retro, il nome di Kevin Brownlow non viene mai menzionato, nonostante tutto il lavoro di preparazione, dando più importanza al preservazionista e restauratore Robert A. Harris – che nella sua carriera ha supervisionato i restauri di alcuni classici del cinema come Lawrence of Arabia (1989), Spartacus (1991), My Fair Lady (1994), Vertigo (1996), Rear Window (1998), i primi due film della trilogia di Coppola The Godfather (1972 e 1974) e la ricostruzione della roadshow version di It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World (1963) distribuita dalla Criterion Collection.

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Come noi sappiamo, il Laserdisc è stato nella storia dell’Home Video il primo vero formato standard di videoregistrazione su disco ottico, ma dato che la tecnologia era agli inizi dell’era del digitale, era purtroppo carente di definizione rispetto agli standard odierni, seppur di qualità superiore rispetto ad una VHS. Per questo motivo l’immagine riportata dallo stesso master su DVD presenta un upscaling visibilissimo in quasi tutte le scene, oltre ad un pesante “effetto ghosting” – ovvero quando un’immagine diventa multipla intorno ai bordi in alcune aree dell’immagine in movimento – che non sarebbe consigliabile vedere quando si tratta di un regista che spesso utilizzava delle riprese senza cavalletto e nelle scene che presentano un montaggio accelerato arrivava a mostrare i singoli fotogrammi!

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Se analizziamo la versione integrale di 5 ore e mezza messa in onda su Channel 4 – che in realtà è la versione migliore delle due per diverse ragioni: è integrale di tutte le sequenze ritrovate, comprendente materiali con una migliore resa fotografica e consigliata dagli amanti del cinema perché direttamente curata da Kevin Brownlow, oltre al fatto che la perfetta colonna sonora composta da Carl Davis, che soffre di un suono molto basso e quasi del tutto privo di qualità – in realtà non notiamo molte differenze nell’immagine, tranne solo di un esagerato contrasto che elimina i dettagli della fotografia, frutto di una complicata collaborazione fra Jules Kruger, Joseph-Louis Mundwiller, Léonce-Henri Burele Nikolai Toporkoff. Tornando al nuovo restauro BFI del 2016, abbiamo per ora a disposizione una clip restaurata del film, eccola.

Esaminando la qualità video, abbiamo dopo decenni una dignitosa presentazione del film, con la possibilità di notare dettagli che precedentemente nelle versioni videro erano quasi impossibili da percepire, in particolar modo dalla quasi totale assenza dell’effetto ghosting che è fondamentale in sequenze che presentano un enorme afflusso di singoli fotogrammi. Possiamo vedere sotto una GIF che compara sulla sinistra la precedente versione Coppola – in realtà la differenza della qualità dell’immagine fra la versione Coppola e quella presentata sul canale Channel 4 è minima, tranne solo nella lunghezza delle sequenze ritrovate successivamente – mentre sulla destra abbiamo il nuovo restauro BFI.

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Il restauro verrà presentato pubblicamente il 6 novembre 2016, ma è stato presentato in una privata anteprima per la stampa l’11 settembre. Abbiamo anche le prime opinioni del restauro da questo articolo da Pamela Hutchinson sul sito Silent London https://silentlondon.co.uk/2016/09/11/napoleon-abel-gance-kevin-brownlow-carl-davis-blu-ray/

Ovviamente nel caso di Napoleon possiamo aspettarci dei difetti tecnici – in fatti “non è un film che si può vedere sul cellulare” – e stiamo parlando del trittico finale: “I was concerned too, how the triptych finale would work on just one screen. This was a pleasant surprise I must admit. When the screen opens up to widescreen, obviously you lose as much scale as you gain. The Italian scenes are big, but they are not three times as big as what we were watching before. However, presented digitally on one screen, the image is seamless and somehow it is easier for your eye to travel from one corner of the landscape to the other. Second time around I could see the “joins” and tricks a little easier too. But that’s fascinating in itself. The first question you ask when you seeNapoléon is “How DID they do that?” after all.” e “I do think that the transfer is very good and does not distract the viewer. There’s a little grain still in there and you can see the texture of the film, but also crisp details – like the crunchy snowballs. It is not over-polished or processed.” Per ora è questo, perchè dobbiamo aspettare l’uscita in Home-Video del film o, per alcuni fortunati, vederlo a Londra il prossimo Novembre. 

Parte 4 – Un film, molte colonne sonore: qual’è la migliore?

Ovviamente ogni film muto ha avuto durante la sua esistenza un grande numero di colonne sonore, spesso differenti tra solo solo nel momento della loro proiezione, andando dai semplici pianoforti con effetti sonori, a piccole orchestrine fino ad arrivare a vere e proprie orchestre (in alcuni casi, come la musica originale di Intolerance, contavano addirittura 3 cori). Ovviamente anche Napoleon ha avuto un grande numero di colonne sonore, in quasi tutti i casi spettacolari.

Arthur Honegger – 1927

Sin dalla sua prima proiezione avvenuta il 7 aprile 1927 all’Opéra di Parigi il film ha avuto l’onore di avere modo di essere proiettato con una colonna sonora dal vivo composta appositamente dal compositore svizzero Arthur Honegger. Honegger durante la sua carriera aveva già collaborato con Abel Gance con La Roue, di cui abbiamo oggi sopravvive solo l’Overture – Il resto della musica deve essere stata oggetto di speculazione e si dice che Honegger messo insieme una composizione composta da brani già composti in precedenza e musica proveniente dal repertorio classico, forse compresa la musica che stava scrivendo al momento per la Pathé-Journal. Apart from the lyrical section of the overture, later used in the first piece in the Suite derived from the score for Napoléon, there is a further point of interest in the following six bars of a rhythmic theme and twelve more bars of incompleted orchestrated sketches. A new theme is written out in full for clarinet and flute, and subsequently the first violins, in counterpoint with a bass motif, and figures among other thematic materials, orchestration and notes for further development. This coincides with the surging “whistling” triplet motif at bar 118 of Pacific 231, composed in 1923, suggesting that the inspiration for the work had arisen on a locomotive, while Honegger was working on La Roue, a conclusion supported by other elements in the sketches. With the approval of Arthur Hoérée, a bar has been added to link the two sections of the overture, avoiding what otherwise is an abrupt transition to the Pacific 231 motor pulsation motif“.

Oggi non sappiamo con precisione se Honegger ha condotto personalmente la prima rappresentazione di La Roue, anche se sappiamo che in quell’occasione il Cinépupitre aveva introdotto in Francia, un dispositivo per la sincronizzazione della musica e del cinema simili a Rhytmonome di Carl Robert Blum.  Non a caso Honegger aveva una vera e propria passione per la ferrovia, i locomotori e i trenini modello: senza dubbio ha dato l’impulso per la sua opera più conosciuta: Pacific 231.

Nel caso di Napoleon Honegger dovette combattere letteralmente fino all’ultimo minuto: le prove musicali venivano continuamente interrotte dai cambiamenti nel montaggio del film, dato che Gance arrivò a montare il film fino a pochissimi minuti prima dell’inizio della proiezione del film (si potrebbe quindi inserire una nuova versione del film come esattamente quella proiettata durante la proiezione del film), basti pensare che il giorno prima della première il laboratorio stava ancora stampando i rulli e alcuni rulli vennero spediti nelle scatole sbagliate. Il risultato finale venne purtroppo criticato perchè l’accompagnamento musicale sembrava al di sotto della media, anche se alcuni passaggi vennero scelti anche in modo casuale. Addirittura alcuni critici furono brutali, tanto che Raumond-Millet scrisse “francamente non si riesce a immaginare una peggior cacofonia“. Povero Honegger: nonostante alcuni passaggi magnifici, non era facile scrivere una partitura che cambiava forma e lunghezza di ora in ora.

La musica di Napoleon oggi purtroppo risulta incompleta e inutilizzabile come base per il lavoro di restauro della versione originale del film: fra le motivazioni principali è che venne la colonna sonora definitiva venne riscritta settimane dopo la prima dallo stesso Honegger ed oggi purtroppo rimangono solo otto brani. Alcuni di essi è possibile ascoltarli grazie a un CD audio della Marco Polo Film Music Classics. Fortunatamente i brani sono ascoltabili su Spotify.

Questo è il tema di Napoleone composto da Honegger. Basta vedere un fotogramma di Dieudonnè nel costume dell’Imperatore per vedere quanto si addice al film.

Invece il gran finale – col trittico – era corredato da questo stupendo brano che accompagnamento dei soldati che scendono dalle Alpi durante la Campagna D’Italia, assieme all’indimenticabile inno della Marsigliese. Quest’ultimo tema è stato ripreso da Carl Davis negli anni ’80, assieme ad alcune aggiunte fra cui l’aggiunta di un organo. Un vero e proprio spettacolo, se mettiamo davanti il trittico che forma la bandiera francese.

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Carl Davis – 1980, 1982, 2000 (e 2016)

Col restauro di Brownlow del 1980 si volle cercare di replicare ciò che Gance e Honegger volevano comunicare allo spettatore. Ovviamente si prese spunto dalla musica di Beethoven e in particolare alla terza sinfonia – nonostante cancellò la dedica quando Napoleone si incoronò imperatore – propose di utilizzare il film come un progetto di ricerca. «Ci tenevo molto a reperire brani di altri compositori attivi in Francia: Gluck, Cherubini, Méhul, Monsigny, Grétry, Dittersdorf, Gossec. Si sapeva che Napoleone aveva dichiarato di poter ascoltare un aria dell opera di Paisiello, Nina, ogni giorno della sua vita, e quell’aria accompagna la scena con la famiglia Bonaparte in giardino. Ho esaminato anche i primi spartiti delle canzoni della rivoluzione francese, e ne ho mantenuta la forma originale; ho fatto inoltre ricerche sulla musica folcloristica corsaDecisi anche che quando il punto di vista del regista diventava soggettivo e non rigorosamente storico, quello sarebbe stato il momento in cui avrei composto temi originali. Il più importante era quello dell’Aquila: inizialmente è un uccello tenuto in gabbia, che viene liberato ma torna dal suo padrone, poi diventa il simbolo dello spirito di Napoleone e come tale un tema ricorrente del film. Non sono riuscito a trovare alcuna musica dell epoca che fosse adatta a descrivere i sentimenti idealizzati di Bonaparte per Joséphine de Beauharnais, e ho così composto un tema per rappresentarne l’idea. Per il resto mi ero imposto di non avvalermi di musiche successive alla data limite del 1810».

In seguito, durante i lavori di composizione, arrivarono i sette brani della partitura: vennero rivisitati secondo la peronale concezione di Davis e venne utilizzato un solo pezzo che costituiva una versione superba dello Chant du départ (1794) di Étienne-Nicolas Méhul, in contrappunto della Marsigliese nelle scene finali.

Il tutto venne scritto in sole 12 settimane e nonostante i problemi tecnici e le successive aggiunte avute col tempo il risultato finale è un trionfo – e anche tra i più elevati – nella cosiddetta categoria “musica da cinema muto”. Personalmente delle colonne sonore è il migliore nella qualità, nella musicalità e soprattutto si adatta perfettamente al film.

La musica è presente su CD ed è una grande emozione riascoltarlo ogni volta.

Carmine Coppola – 1982

La versione di Coppola purtroppo risulta musicalmente la peggiore, nonostante sia stata composta subito dopo la vittoria all’Oscar di Carmine Coppola ottenuta anni prima da Il Padrino Parte II (1974): ripetitiva nei temi e sovrabbondante nell’uso dei rulli di tamburi, che non vanno assolutamente d’accordo con moltissime scene presente nel film. Se ascoltiamo moltissime sezioni eliminando completamente i tamburi sono molto più orecchiabili allo spettatore – ancora meglio se deve sentirle per 4 ore consecutive.

La musica, nonostante le pochissime influenze di Beethoven, Smetana e Mendelsshon, è interamente scritta da Coppola e richiama molto lo stile di una colonna sonora tradizionale. A differenza di Coppola, per permettere ai musicisti di riposare dopo le lunghe sessioni, all’interno della “colonna sonora” c’è anche l’uso di un organo per alcune scene – suonato da Dennis James. Nonostante tutto possono esserci dei brani che possono essere definiti buoni, come la musica della “Bal des Victimes” e il finale – nonostante i tamburi. Anche questa colonna sonora è disponibile su CD e Spotify – recentemente è stata (inutilmente) rimasterizzata.

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Il BluRay del BFI è stato distribuito solo in Inghilterra (e purtroppo per i diritti di non ci sono – almeno per ora – speranze di un’edizione americana ed estera) e vanta di una bellissima cover rossa con sopra l’emblematica fotografia di Dieudonnè nel finale del film. Siamo davvero folgorati dalla qualità del nuovo restauro: il film è completamente pulito, “re-gradato” e colorato con e le tinte e i viraggi originali che Kevin Brownlow ha ricostruito, durante le ultime fasi del restauro portato avanti alla fine degli anni ’90.

Durante il restauro sono stati utilizzati degli strumenti di restauro digitale dalla compagnia specializzata Dragon Digital Intermedia – già conosciuta nel mondo del cinema muto per il loro sperimentale ed eccellente restauro del lungometraggio inglese The Battle of the Somme (1916) effettuato nel 2008 – che ha intrapreso dapprima il compito della digitalizzazione dei materiali in formato 2K (anche se dei rumors ipotizzano l’utilizzo di scansioni anche in 4K in alcuni punti del film) che in seguito – secondo uno specifico work prevede la rimozione di graffi e spuntinature, la ricostruzione di giunte danneggiate, la stabilizzazione o il de-flicker dell’immagine.

Guardiamo attentamente la differenza fra il trittico della versione Coppola – era fino al 2017 l’unica versione visibile digitalmente – e quella del restauro BFI!

Ovviamente il master è carente di qualità e di definizione: dato che l’unica digitalizzazione della pellicola è stata eseguita nel lontano 1986 (siamo a poco più di 30 anni fa!), e da esso è stato trasferito nel conosciuto DVD in formato SD – Standard Definition – l’altezza dei tre fotogrammi è di soli 210 pixel! Inoltre non solo il video è carente di qualità, ma ricordiamo che è anche in un formato completamente sbagliato, più simile ad un cinemascope 2,35:1 visto che i singoli fotogrammi sono quadrati e la stabilizzazione è pressoché inesistente.

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Trittico Napoléon (1927) – DVD Versione Coppola 1986

Mentre nella versione restaurata dal BFI finalmente si trova definizione nell’immagine e si può comprendere cosa succede esattamente nella sequenza: a parte il bilanciamento del bianco e nero che rende l’immagine più simile alla visione di un film su pellicola, il restauro inoltre non solo ha reso quasi completamente pulita l’immagine, ma ha addirittura rafforzato il senso di vastità dell’immagine grazie alla stabilizzazione dei tre frames – operazione molto difficile per via dei problemi di parallasse presenti nelle immagini, visto che le tre cineprese 35mm Debrie Parvo erano sistemate una sopra l’altra (per la precisione quella superiore è rivolta verso destra, la centrale nel mezzo e quella inferiore verso sinistra).

Triptich Napoleon - BFI 2017

Per esempio all’inizio del suo discorso, nella prima inquadratura con la panoramica verso l’alto, era completamente impossibile distinguere Napoleone posizionato sulla cima della rupe a destra, che nella versione su pellicola era chiaramente visibile da tutti.

Il nuovo restauro 2K non solo permette una visione su un formato 1920×1080 pixel – dove ogni fotogramma avrebbe quasi al definizione di un formato DVD – ma anche la possibilità di avere più definizione dell’immagine con i 3 pannelli divisi (sarebbe una fortuna se qualcuno ha la possibilità di mettere 3 schermi TV uno accanto all’altro, ma ancora meglio se avesse tre proiettori che sarebbe l’opzione più consigliata – per via delle diverse bande nere sui lati). Finalmente è possibile comparare la differenza dei vari restauri: il terzo restauro di Brownlow è sia il risultato una notevole ricerca nelle varie cineteche del mondo dei migliori materiali oggi disponibili, ma anche della comparazione delle varie versioni del film. Facciamo un semplice esempio: Gance aveva l’abitudine di girare ogni sequenza con almeno 3 cineprese – al fine di permettere il montaggio di almeno tre negativi che fungeranno da materiale di base per le versioni francesi, inglesi ed estere. Questa breve scena contenuta nella sequenza della Marsigliese, dove Napoleone si congratula con Rouget de Lisle stringendogli la mano, dopo l’intertitolo “Your hymn will save many a cannon”, presenta due riprese diverse della stessa azione.

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Il primo fotogramma viene dal restauro del 1981 messo in onda su Channel 4.
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Il seguente invece proviene dal BluRay BFI del 2016 proveniente dal negativo del terzo restauro del 2000.

Da notare come della prima ricostruzione della scena si passa da un ristretto piano americano a una ripresa a figura intera. Si vede che Gance aveva ripreso la stessa scena in due piani diversi: uno sarebbe stato montato nella Versione Opera e l’altro nella Version Définitive. Ecco pensate questa differenza in quasi tutte le inquadrature del film! Ecco uno dei motivi per cui la ricostruzione di Brownlow è stata molto lunga, complessa ed anche molto scrupolosa nei minimi dettagli: basti pensare che durante una delle prove d’orchestra da parte di Carl Davis, per una proiezione del 1982 Kevin, diede un colpetto sulla giacca del primo dicendo: “Puoi aggiungere un pochino di musica? Vado ad aggiungere nel proiettore 7 secondi della scena della lezione di geografia che ho appena ritrovato!”. [Intervista dell’autore con Carl Davis] Immaginate quindi quanti cambiamenti sono stati effettuati durante le ricerche e le varie ricostruzioni del film, per da passare dalle originali 4 ore e 50 minuti alle 5 ore e 33 minuti! Inoltre la grandezza di questo restauro è stata recentemente premiata, il 26 maggio 2017, con il “Best Archive Restoration” presso il Focal international Award!


AGGIORNAMENTO – 2023

Il popolare servizio di streaming Netflix ha annunciato nel 2021 che sosterrà la Cinémathèque Française nella loro ricerca per preservare il patrimonio cinematografico francese. La compagnia americana pagherà tra i 150 ei 200 milioni di euro all’anno per garantire la storia cinematografica della Francia, a partire da Abel Gance’s Napoleone. Il piano è quello di ripristinare la cosiddetta versione Apollo del film, considerata quella che oggi definiremmo ‘director’s cut’ di Gance, la cui durata sfiora le sette ore: l’operazione dovrebbe concludersi entro il 5 maggio, in occasione del 200esimo anniversario della morte di Napoleone (data ormai superata da tempo, perché secondo gli ultimi aggiornamenti sarà svelato al pubblico nel 2024). Non vediamo l’ora di vedere (finalmente) questo restauro in 4K e una volta distribuito lo analizzeremo in un nuovo articolo.

6 pensieri su “Le molte vite del Napoleon vu par Abel Gance (1927) – una riscoperta lunga 60 anni e il nuovo restauro 2K. [Work in Progress]

  1. Pingback: Kevin Brownlow's Napoléon to Make Long-Awaited Début on Home Video – Brenton Film

  2. Fulvio Petri

    stupendo e appassionante racconto! tutta la paziente ricerca e la ricostruzione nei minimi pezzi via via ritrovati in ogni anfratto del globo…ora, in barba a Kubrick (che poi chissà che versione ha visto, lui…ci sarebbe da chiederselo) mi vado a procurare questo bluray che son curioso come una scimmia! saluti.

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